L’operetta è sempre un tuffo al cuore, un ritorno alle origini, a quel ricordo dal dolce sapore di un mondo magico capace di far smuovere le emozioni del cuore.

Sono cresciuta con l’operetta e vedere, a distanza di anni, che con determinazione e tenacia l’Associazione Internazionale dell’Operetta ha riportato sulle scene il celebre Festival mi riempie di gioia.

Questa sera, 20 giugno 2024, al Politeama Rossetti, è andata in scena “L’Acqua cheta”, operetta dall’omonima commedia di Augusto Novelli, musiche di Giuseppe Pietri, adattamento di Andrea Binetti.

E sempre Binetti ha firmato la regia, calandosi anche nei panni di Stinchi, garzone di stalla, nonché collante scenico capace di unire ogni frammento con la sua verve condita da una intensa passione per la piccola lirica, motivo di vita e vita stessa.

Ormai poliedrica Marzia Postogna che si mette in gioco portando con sé un bagaglio teatrale d’esperienza recitativa e non solo. Nel ruolo di Anita (giovane da maritare) si diverte attraversando sfumature ironiche e romantiche, mentre duetta con Cecco, il falegname, interpretato da Giacomo Segulia che con nonchalance vive il palcoscenico tra canto e recitazione.

Ilaria Zanetti si dimostra ancora una volta elegante voce e dolce presenza in grado di aggiungere, nelle vesti di Ida (sorella di Anita), poeticità alla scena.

A fare da genitori Michela Vitali (Rosa), argento vivo che nonostante l’atmosfera toscana dello spettacolo, restituisce al pubblico quel certo non so che nostrano, mentre Gualtiero Giorgini ben si cala nei panni di Ulisse, refolo di “bora” che scompiglia la quiete.

Non solo l’accento toscano, ma pure quello piemontese con Alfredo, giovane innamorato di Ida, che prende vita dall’interpretazione di Alessio Colautti che regala al personaggio un’identità unica dalle pittoresche sfumature di un animo elegante.

Piccolo ma d’effetto l’intervento dell’avvocato messo in scena da Francesco Cozzi.

Atmosfera d’altri tempi, di quell’Italia dal retrogusto nostalgico che fa sognare.

Un plauso anche al coro diretto da Andrea Mistaro e alla FVG Orchestra diretta da Romolo Gessi.

Quello che emerge in queste operette “triestine” è la passione e la voglia di non far morire quella che è stata la nostra l’identità. Come sempre ci sono alti e bassi, difficoltà da superare, ma ciò che conta è la volontà di non mollare. Una sfida per chi è sul palcoscenico condivisa con il pubblico.

L’acqua cheta: Festival dell’Operetta