“Ludwig. La musica del silenzio” (testo a cura di Bianca Melasecchi). Un’ora intensa. Catartica. Ritornare a teatro e assorbire ogni parola, ogni suono, ogni gesto. Mi sono ricordata perché mi sta a cuore tutto ciò. Ho amato certe frasi pronunciate da Alessio Boni che pian piano ha lasciato che sia Ludwig a parlare.
Annuivo dentro di me. Era vero. Tutto estremamente vero. Mi è tornato in mente il passato, il percorso che ho fatto, le cose che ho imparato. Devo molto a tante presenze che sono entrate per un attimo o poco più nella mia vita.
Ludwig, Ludwig, Ludwig… Come dargli torto. La sua sordità lo portava a scavare in profondità. Le armonie interiori lo aiutavano a comprende la foresta, il prato, il cielo stellato, la bufera, ma soprattutto la pace interiore. “La mia aritmia divenne musica”. Quanto lo capisco. La mia vita, fin da piccola, è stata accompagnata da aritmie che danno musica al fare quotidiano. La vita è musica.
Coliche viscerali, stomaco sofferente. Dolori, gioie. Forse è vero che solo attraverso la sofferenza, il dolore, si arriva a piccoli momenti di gioia.
Il miglior medico per noi? Noi stessi.
La massa… chi la capisce? È quello che mi chiedo da una vita. Grazie ad un Maestro che ho avuto modo di incontrare, ho potuto capire che ciò che conta veramente è la parte irrazionale, quella che va oltre, che diventa eterna.
Anche Ludwig lo pensava: ciò che è più nobile nell’uomo è l’immaterialità.
Promesse non mantenute, persone che prima si professano in un modo e che poi improvvisamente cambiano, un continuo colpo di scena. Una continua lotta.
“Ich bin Ludwig. Ich bin taub”.
Le musiche di Beethoven eseguite dal pianista Francesco Libetta hanno permesso la riflessione. Attimi preziosi per unire i pezzi, lasciandosi trasportare dalle note, da quell’assenza di parole che si fa silenzio interiore.
Strepitoso Alessio Boni, meraviglioso Ludwig.
P.S. Grazie come sempre ad Alessio per la sua disponibilità e per questo “scambio” di dediche sui rispettivi libri